02 marzo 2006

Intervista all'Autore

Interessante intervista all'Autore apparsa su comicus.it.

"Riccardo Crosa: l'avventura è di Rigor... (prima parte)"


"Riccardo Crosa: l'avventura è di Rigor... (seconda parte)"

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie per i link all'intervista, davvero molto bella! BTW: volevo segnalare che sul sito ufficiale di Riccardo
(www.riccardocrosa.com) ci sono degli aggiornamenti! A mio avviso quello più interessante è che su Focus Giochi di aprile ci sono delle strisce del Rigor che sono INEDITE! bye, PiErre

Anonimo ha detto...

L'intervista "Riccardo Crosa: la fantasia è di Rigor..." di comicus.it


COMICUS: Ospite di questo nuovo appuntamento con Talking Book è Riccardo Crosa, sceneggiatore e disegnatore, nonché creatore di Rigor Mortis, uno dei più longevi personaggi “indipendenti” del nostro panorama editoriale.

RICCARDO CROSA: Bhe, questo genere di presentazione non è mai facile... da dove comincio, che cosa dico... allora, sono nato a Siracusa nel 1967 da un padre piemontese e da una madre ligure e poi mi sono trasferito all'età di due anni qui a Ravenna, dove attualmente vivo. Ho sempre amato il disegno, fin da piccolo, ed ero un gran lettore di Topolino e Tiramolla. Mi sono diplomato al liceo artistico di Ravenna con voti bassissimi, incamerando anche dei 6 in disegno. Poi sono andato a Milano per studiare illustrazione e per cercare di allargare le mie nozioni artistiche (ho preferito non fare una scuola espressamente di fumetto per avere più possibilità di lavoro) ed infine sono tornato qui in Romagna dopo avere lavorato come intercalatore di film d'animazione in uno studio di Modena. Qui ho lasciato perdere tutto per alcuni anni, lavorando come gestore di una piccola birreria della città. Ma poi il vecchio amore per la letteratura disegnata è tornato a farsi sentire...

COMICUS: Ospite di questo nuovo appuntamento con Talking Book è Riccardo Crosa, sceneggiatore e disegnatore, nonché creatore di Rigor Mortis, uno dei più longevi personaggi “indipendenti” del nostro panorama editoriale. Ciao Riccardo, che ne diresti di iniziare la nostra chiacchierata presentandoti ai nostri lettori?

RC: Penso che capiti a tutti quelli che fanno questo mestiere di arrivare ad un certo punto e chiedersi se stiano facendo la cosa giusta o se stiano andando nella direzione giusta… a me è capitato due volte di mettermi profondamente in discussione e ho sempre avuto qualche segnale che mi diceva di andare avanti. La prima volta è stato dopo aver finito il servizio civile, quando mi sono trovato di fronte all’effettivo ingresso nel mondo lavorativo. Avevo già avuto delle prime collaborazioni con studi grafici e stavo pubblicando le mie strisce con la Stratelibri, ma avevo bisogno di avere una base solida con cui poter sbarcare il lunario e alla fine ho deciso di lasciare da parte le matite e le penne per fare qualcos’altro di più stabile. Ma poi, pian piano, ho ricominciato gradualmente a collaborare con studi di illustrazione: alla fine mi sono ritrovato a fare due lavori. Non potevo reggere e così ho deciso di vendere la mia quota associativa e cercare di lavorare come professionista nell’editoria. Non è stata una scelta scatenata da un evento particolare, ma si è manifestata in maniera graduale. Ovviamente per molto tempo ho continuato a lavorare alla sera nel pub come collaboratore esterno per arrotondare, ma si sa è dura la gavetta.

CUS: I motivi della crisi, della voglia di lasciar perdere un lavoro che si fa anche - e, forse, soprattutto - per passione, e che magari, proprio in virtù di questa passione, non sembra neanche un lavoro vero e proprio, vanno ricercati in particolar modo nei bisogni economici, oppure hai attraversato anche periodi di scarsa ispirazione creativa?

RC: Mah, un po’ tutto quanto… la stanchezza, alcuni progetti che non sono andati in porto, qualche lavoro non pagato e il rendersi conto che è vero quello che ti hanno sempre detto e cioè che facendo questo lavoro non è che si sguazzi nell’oro, anzi. È stato un po’ tutto quanto. Dovevo digerire tutte queste cose e mi ci è voluto un po’ di tempo. Sai, l’ispirazione creativa è una cosa strana. Se ne va velocemente, ma torna altrettanto in fretta e più in forma di prima, se ci sono le condizioni giuste.

CUS: Mi racconteresti come è nato Rigor Mortis?

RC: La genesi di Rigor Mortis è stato un processo lungo e complesso. Diciamo che i personaggi hanno fatto la loro prima apparizione sui tavoli di una ludoteca, ormai sparita, qui a Ravenna. Giocavamo a Dungeons and Dragons, proprio nei primi anni della sua apparizione in Italia e ancora nessuno aveva sentito parlare di giochi di ruolo, mentre tutti quanti giocavano con i primi PC ai primi videogiochi. La sua prima incarnazione editoriale è stata nella fanzine della ludoteca, quando mi chiesero se potevo regalargli qualche illustrazione per abbellire le loro pagine. Erano delle strisce umoristiche nelle quali si ironizzava sugli stereotipi del genere fantasy strizzando l’occhio ai giocatori di ruolo. La Stratelibri, allora editrice leader del settore, stava per editare Excalibur, la sua rivista da edicola, e pensarono che il personaggio sarebbe potuto diventare la loro mascotte. E così fu. Pubblicai con loro molte illustrazioni, strisce e anche un gioco di ruolo dal titolo Il Dungeon della Morte, che vinse il premio di Lucca Games come miglior gioco originale. La gabbia della striscia umoristica e della vignetta cominciava a starmi un po’ stretta, i personaggi crescevano e acquistavano una loro personalità complessa e sentivo l’esigenza di scrivere storie più a lungo respiro e articolate. Ne parlai con l’editore e così pubblicammo il primo libro a fumetti.

CUS: Rigor Mortis, quindi, è nato come una parodia del genere fantasy e dei giochi di ruolo… insomma una specie di Munchkin ante litteram… attualmente sei ancora un giocatore di ruolo?

RC: Non mi piace molto la parola parodia. Non credo che Rigor e il suo mondo siano una caricatura del genere fantasy… ho sempre cercato di realizzare qualcosa che potesse vivere di vita propria, che non fosse il riflesso di qualcosa di già visto. Ovviamente in quello che scrivo sono evidenti le mie origini: a volte ci sono delle citazioni da film o libri che ho amato, ma sono sempre episodi. Non ho mai scritto una parodia vera e propria… sarà che non le amo molto. Per quello che riguarda i giochi di ruolo, bhe, no, è molto tempo che non gioco più. Però mi piacciono molto i libri delle ambientazioni e i moduli avventura… mi piace leggerli e immaginare che cosa potrebbero fare dei giocatori nelle situazioni che leggo. Sono un po’ come delle sceneggiature, ma senza gli attori.

CUS: Rigor Mortis ha avuto, nel corso degli ultimi venti anni di vita, almeno cinque incarnazioni editoriali… mi aiuteresti a mettere un po’ di ordine tra questo marasma di pubblicazioni, indicandomi quali albi recuperare e spiegandomi come leggere le avventure del genio del male?

RC: In effetti è stata una vita un po’ tribolata… come ti dicevo prima, c’è stata la Stratelibri, poi la Hobby & Work, Stelle e Strisce, Phoenix, Magic Press e infine siamo tornati alla Stratelibri, che intanto ha chiuso, per poi risorgere dalle proprie ceneri alcuni anni fa. Ci sono personaggi che nascono con un editore e muoiono con lui e altri che sono raminghi per natura. Si vede che io sono uno di questi. Bhe, in realtà, non c’è un vero e proprio marasma, perché io quando scrivo le storie del Genio del Male, cerco sempre di collocarle in un contesto temporale, una continuità per dirla all’americana. Per cui esiste una cronologia molto chiara. Ho cercato di dargli un vero e proprio senso adesso che stiamo uscendo con la nuova serie, perché devo coordinare i romanzi di narrativa, i giochi di carte e tutti gli altri progetti che ronzano intorno al personaggio. Nel primo numero del fumetto (Rigor Mortis, l’Alba degli Eroi - episodio I - Discesa), c’è una timeline, credo, piuttosto chiara. Comunque la Phoenix a suo tempo aveva ristampato tutto il materiale in tre volumoni, il tomo zero (con l’intera saga pubblicata dalla Hobby & Work), il tomo uno e due con le ristampe del materiale uscito per la Stelle & Strisce e poi, dopo il fallimento della casa editrice, la pubblicazione del tomo tre è passata alla Magic Press. Il vero problema è reperire tali volumi. Dato che l’editore è fallito, sono difficilmente ordinabili e rintracciabili, ma può essere che vengano ristampati per l’ennesima volta. Per questo motivo, per questa nuova serie della Stratelibri ho deciso di cominciare da zero, raccontando la prima avventura del gruppo, attraverso la quale tutti possono cominciare a leggere e appassionarsi ai personaggi, anche senza avere mai letto nulla delle storie precedenti. Un modo per cercare di mettere un ordine a tutto.

CUS: Le vicende di Discesa, che sono quindi le origini di Rigor Mortis, ci presentano una serie di avvenimenti già in avanzamento… Rigor è un apprendista stregone e la sua amicizia con Romolo è già salda. Prevedi prima o poi di svelare il passato dei nostri eroi?

RC: Sì, almeno una parte. Sto preparando, anche assieme ad altri sceneggiatori e scrittori di narrativa, qualche storia che si svolge prima di questi eventi. Ma per quello che riguarda le origini di Rigor, preferisco lasciarle nel mistero.

CUS: Il volto “ossuto” di Rigor Mortis è una maschera o si tratta proprio delle sue sembianze?

RC: Posso senz’altro confermare che la faccia del mago è la sua vera faccia. Non è un essere umano e in realtà lui è solo il teschio. Tutto il resto è celato dal velo di mistero che circonda la figura del Rigor. Quanti anni ha, da dove venga e quali siano i suoi veri obbiettivi su Kragmorta.

CUS: Come intendi ricollegare gli avvenimenti narrati in questa nuova serie, con quelli raccontati nelle precedenti incarnazioni del personaggio? Procederai con la realizzazione di varie miniserie collocate in differenti momenti della vita dei nostri eroi?

RC: È quello che ho pensato di fare. Io con i fumetti procedo nel racconto degli eventi che hanno portato il Rigor alla scoperta del suo più grande sogno, ovvero quello di creare la vita, mentre con i libri di narrativa di Luigi Lo Forti, approfondiamo quello che è successo dopo la Saga delle Bolle di Realtà, la lunga storia a fumetti che ho realizzato anni fa.

CUS: Hai sviluppato la tua carriera di autore concentrandoti su un personaggio Fantasy, un genere che in Italia si dice piaccia poco… ritieni sia solo un luogo comune, oppure i lettori italiani davvero fanno fatica ad apprezzare questo genere letterario?

RC: Io ho sempre amato il Fantasy. I primi libri che ho letto in vita mia sono stati di questo genere, diciamo che ci sono legato per una questione affettiva. Però io uso gli archetipi del genere per raccontare il nostro presente, non un mondo cristallizzato e lontano da noi. Cerco sempre di mescolare tutti i generi che conosco per tirarne fuori qualcosa di originale. Nella Saga delle Bolle di realtà, per esempio, si parla di guerra, odio razziale e campi di sterminio; nelle storie che sto scrivendo ora ci sono elementi del genere gotico, Steampunk, Cyberpunk e Noir, il tutto shakerato con abbondante Fantasy umoristico. Comunque, è vero, io mi sono sempre scontrato con il fatto che il fantasy da noi non vende, ma poi se si va in libreria si vedono quintali di romanzi di questo tipo, se si fa un salto in qualsiasi negozio di giochi e videogiochi si vede che il genere ha profonde radici anche qui in Italia, solo che è sempre stato ammantato da una cappa di cupaggine e tristume e popolato da barbari ipertrofici e donnine urlanti in pericolo… Io ho cercato di fare il contrario: usare gli archetipi del genere, ma alleggerendoli e avvicinandoli ai lettori di oggi.

CUS: Il “tuo” fantasy, dunque, è una metafora per narrare il nostro mondo, una chiave di lettura alternativa… quali sono gli aspetti della nostra realtà, e della nostra quotidianità, che maggiormente ti colpiscono e riguardo i quali ti piacerebbe indurre a riflettere i tuoi lettori?

RC: Uno dei temi classici del genere fantasy è il confronto fra la tecnologia e la natura. È anche uno dei temi che più mi stanno a cuore. Tutta la saga che ho scritto sul personaggio di Frusco il Feligno (albi che ho realizzato per le scuole elementari, ora ristampati da Bande Desinnée) si basa su questo tema. Sono molto preoccupato per la salute del nostro pianeta che, purtroppo, non vedo molto in forma. Sono turbato anche dalla capacità degli esseri umani di farsi del male a vicenda. È una dote che non finisce mai di stupirmi. Uno degli episodi che maggiormente mi hanno colpito è stato quello dell’ascesa del nazismo, di tutta l’evoluzione politica e militare di Adolf Hitler e dei suoi compari e per finire dell’olocausto. È incredibile quello che hanno fatto e quello che gli hanno lasciato fare… è importante che certe cose non si dimentichino per non ripeterle.

2°parte

CUS: Quali sono i primi libri di questo genere che hai letto e che ti hanno indotto ad amare il fantasy?

RC: So che dirò un'eresia, ma non ho mai letto il Signore degli anelli. Purtroppo ho cominciato con la lettura di uno dei suoi cloni più smaccati, ovvero il ciclo di Shannara. Me li sono letti tutti, e poi quando mi sono trovato fra le mani il libro di Tolkien, praticamente lo avevo già letto. Sigh, ma mi sono rifatto con i film, che credo siano stupendi. Ho letto molti libri di molti autori, da Turtledove (La saga della legione perduta) a Lieber (Fahard e il gay mouser), passando per il Conan di Howard, ma credo che l’autore che più mi ha stravolto sia stato Terry Pratchett, nel quale trovo moltissima affinità e per il quale non ho mai nascosto il mio amore viscerale. Il suo fantasy comico è unico e, purtroppo, molte volte di difficile traduzione, ma lo consiglio vivamente a tutti. Uno dei più belli è sicuramente quello del Prodigioso Maurice e i suoi Geniali roditori, edito da Mondadori… eccezionale!

CUS: Nel tuo lavoro mi è sembrato – ma potrei sbagliarmi – di vedere una forte affinità con le opere di Magnus. Non parlo di ispirazione, di citazioni o del post-modernismo che sembra caratterizzare tanti fumetti moderni… diciamo che tutto sommato un personaggio come Rigor Mortis mi sembra molto affine alle opere di Magnus (e di Bunker)… mi sbaglio?

RC: Grazie, lo considero un onore. Bhe, devo ammettere che il gruppo TNT e Maxmagnus sono stati fra i primi fumetti che ho amato e collezionato fin da piccolo, appena ho abbandonati i vari fumetti per bambini. Erano dirompenti per l’umorismo e per il cinismo. E poi il disegno era talmente diverso da tutto quello a cui ero abituato, che mi ci sono subito affezionato. Però quando ho creato i miei personaggi non avevo in mente quei lavori, e se c’è qualcosa Magnus nelle loro personalità, è del tutto casuale, l’avrò fatto inconsciamente, proprio perché quelli sono stati gli albi sui quali mi sono formato.

CUS: Parallelamente alla tua attività di autore completo, lavori anche come disegnatore per la seconda serie di Jonathan Steele. Come fai a conciliare due attività tanto differenti e, nel contempo, estremamente simili tra loro? Il Riccardo Crosa creatore, come convive con il suo alter ego disegnatore?

RC: Sai, è bello poter lavorare anche come disegnatore su testi di altri. Si impara sempre qualcosa dal vedere come i vari sceneggiatori affrontano la scrittura. E devo anche dire che ho avuto la fortuna di trovare sempre persone (Diego Cajelli, Federico Memola, Gianni Barbieri e Davide Barzi) che mi hanno sempre lasciato libero di reinterpretare la loro scansione della tavola. Sono convinto che sia il disegnatore e non lo sceneggiatore ad aver “la telecamera in mano”, e sia compito suo dare il ritmo giusto alla storia. Questo non sempre è possibile, ma è uno dei nodi fondamentali del rapporto fra sceneggiatore e disegnatore.

CUS: Per Jonathan Steele al momento hai disegnato solo poche tavole del primo numero ed una breve, e divertente, storia dedicata alle sue due compagne… ti vedremo mai all’opera su un albo di 96 pagine?

RC: Non lo so… io faccio una gran fatica oggi come oggi a pensare a 96 tavole… sono un’enormità… sono sempre stato abituato a lavorare al massimo su 64 pagine e già così è difficile riuscire ad incastrare questi lavori con gli altri che sto seguendo. Le scadenze di Mondadori sono tassative e i libri del Candy Circe sono molto impegnativi, e non mi lasciano molto tempo libero… dovrei spezzare il lavoro su più mesi, ma si vedrebbe il salto nel disegno per cui cerco sempre di prendere lavori che posso iniziare e finire in pochi mesi. Ma non è mai detta l’ultima parola.