In una vecchia intervista l'Autore affermò: "Per restare a galla in questo settore bisogna saper fare un po’ di tutto, dalla grafica, all’impaginazione, all’uso del computer e, perché no, anche avere un'idea di fasi di stampa e tipografie varie…". Quasi quasi lo assumo all'Arte Nera.
Pubblicato da L'Impressore alle 17:57
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1 commento:
Intervista tratta da LoSpazioBianco.it
La Morte, il fantasy e molto altro: l'universo di Riccardo Crosa
Dal cyberpunk al fantasy, da internet alle scuole: hai un’esperienza che sta spaziando tra vari generi. C’è un filo conduttore che le lega tutte?
Credo che il filo conduttore possa essere il lavoro in sé. Voglio dire che al giorno d’oggi bisogna cercare di essere il più eclettici possibili e possibilmente non farsi spaventare da lavori nuovi o nuove tecnologie. Per restare a galla in questo settore bisogna saper fare un po’ di tutto, dalla grafica, all’impaginazione, all’uso del computer e, perché no, anche avere un idea di fasi di stampa e tipografie varie…
Perché questa predilizione per il fantasy?
Mah, è il genere che sento più congeniale al mio modo di scrivere. Sono cresciuto leggendo romanzi di fantascienza e fantasy, noir e horror e guardando film dello stesso genere. Nel momento in cui mi sono trovato a scrivere qualcosa di mio, mi è sembrata la cosa più normale del mondo buttarmi proprio in questi generi.
Come è il tuo rapporto con il gioco di ruolo, attraverso il quale hai iniziato a farti conoscere in giro? Giochi o hai giocato, o è stato solo un caso?
Mi sono avvicinato ai giochi di ruolo nel lontano 1987 e per anni ho avuto un gruppo fisso con cui passavo le serate giocando a Dungeons & Dragons. È stato proprio durante questi incontri che è nata la mia voglia di raccontare storie. Voglio dire, ho sempre scritto fumettini mentre andavo a scuola, ma mai in maniera adulta. Il tutto è nato quando i soci del club in cui ci ritrovavamo mi hanno chiesto di lavorare per la loro fanzine, per la quale avevano bisogno di una striscia umoristica. La cosa più semplice che mi è venuta in mente è stata quella di utilizzare quello che succedeva nelle sessioni di gioco come ispirazione per i miei disegni.
Poi negli anni però mi sono quasi sentito ghettizzato in questa dimensione ludica. Chi gioca è sempre visto un po’ come un bambinone che non è mai cresciuto… e poi devo anche ammettere che ho notato che purtroppo quando si parla di fantasy la prima cosa che viene in mente sono i giochino di ruolo o l’iconografia giapponesizzante della Playstation. Per questo motivo ho cercato di approfondire le mie storie con elementi tratti dalle mie letture, dal mio immaginario filmico e dalla realtà che mi circonda. Forse ora che il Signore degli Anelli ha insegnato a tutti che il fantasy non è solo quello di Hercules o Xena, le cose cambieranno.
Credi che si possa trovare un rapporto tra giocare di ruolo ed il narrare storie (come con i tuoi fumetti)?
Alcune mie storie (in particolare i racconti brevi) sono nate come avventure di giochi di ruolo. Le ho fatte giocare ad alcuni miei amici per vedere le loro reazioni e qualcosa di quello che hanno fatto è poi finito nella sceneggiatura. Può essere un buon modo per avere certe ispirazioni, ma la cosa migliore è sempre e comunque lasciare che i propri personaggi vivano di vita propria e non di quella riflessa.
Quali sono stati gli elementi che hanno formato il tuo immaginario d’autore, quali libri, o film, hanno contribuito a creare il fumettista Riccardo Crosa?
Mah, direi un po’ di tutto. Ho sempre letto molto, sia fumetti che libri, anche se principalmente prediligo il genere fantastico. I primi fumetti a cui mi sono avvicinato (dopo ovviamente quelli della Disney), sono stati quelli americani dedicati ai supereroi. Ho amato alla follia l’Uomo Ragno, tanto da obbligare mia madre a cucirmi una tutina del mio eroe… ci andavo in giro per la casa, simulando i movimenti che immaginavo dovesse fare Spidey mentre scalava un muro… sigh, deve essere stato veramente uno spettacolo deprimente per chi mi stava attorno. Dovendo fare dei nomi di disegnatori ricordo che rimanevo a bocca aperta sulle tavole di John Romita e Kirby, ma i veri colpi di fulmine li ho ricevuti quando mi ritrovai fra le mani i lavori di Magnus e Bunker (Il gruppo TNT), Moebius, Richard Corben e Juan Gimenez una volta che cominciarono a uscire le riviste di fumetti 1984, Metal Urlant e l’Eternauta. Peccato che non ci siano più.
Una grossa fetta del mio immaginario di autore credo che si sia formato nella sale buie del cinema della mia città. Ricordo come se fosse ieri la meraviglia che provai assistendo alla proiezione di Guerre Stellari… impossibile per quelli della mia generazione non restarne abbagliati… ma sono talmente tante le pellicole memorabili che potremmo stare ore e ore a parlarne.
Cosa leggevi, e cosa leggi ora?
Credo che i primi approcci con la lettura (non legata alla scuola, intendo), l’ho avuta attraverso le avventure di Conan il Barbaro di Howard. Sono cresciuto in una famiglia di lettori, ma io ero un po’ la mosca bianca perché preferivo i comics. Ma poi una volta vidi mia madre che leggeva terrorizzata un romanzo divorandosi nervosamente le unghie e mi venne voglia di provare a leggerlo anch’io. Si chiamava “Una Splendida Festa di Morte” (Shining) di un autore quasi sconosciuto che rispondeva al nome di Stephen King. Da allora sul mio comodino c’è sempre un libro.
Adesso prediligo il genere fantastico, il thriller e il noir. Non ho mai celato il mio amore per lo scrittore inglese Terry Pratchett, autore di un fantasy geniale e irriverente che consiglio vivamente a tutti. Stefano Benni fra gli italiani e fra gli stranieri mi fanno impazzire Palaniuk e Lansdale, autori deliranti e psichedelici.
E di fumetti, cosa ti piace ultimamente?
Purtroppo in questo periodo leggo molto poco i fumetti. So che detto da un fumettista suona male, ma quando dico che ne leggo poco non vuol dire che non li compro… solo non ho molto tempo da dedicarvi. Ultimamente acquisto soprattutto volumi francesi e i cosiddetti “libri a fumetti”. Ho smesso da tempo di frequentare le edicole, mi toccava sempre spulciare i miei albi razzolando fra il materiale pornografico… un’umiliazione…
Come scegli un fumetto tra gli scaffali? Hai un negozio di fiducia? Ti tieni informato in altri modi?
Ho una libreria di riferimento qui a Ravenna che è L’Eternauta. Ultimamente quando ci faccio un salto mi lascio incuriosire dalle copertine per fare i miei acquisti, anche se il proprietario mi regala sempre i cataloghi dei distributori.
Narrativa classica: hai qualche autore o libro preferito?
Non sono un gran lettore di classici, preferisco autori contemporanei. Ho letto H.P. Lovecraft e qualche altro autore di quel periodo, ma non molto altro. Tolkien, per esempio non l’ho mai letto. Ho provato tempo fa, ma avendo già letto il suo clone Terry Brooks che nelle sue cronache di Shannara ha copiato a piene mani dalla Terra di Mezzo, mi sembrava di sapere già tutto quanto e non riuscivo ad appassionarmi… ma poi ci ha pensato Peter Jackson a farmi innamorare di Middle Earth!
Ed in seguito al film, pensi di riuscire prima o poi a leggere "l'originale"? Cosa ti è piaciuto e cosa no della trilogia?
Mah, non so se leggerò il libro, adesso che ho visto i film… ci sono talmente tanti libri che devo e che voglio leggere che non so se avrò mai il tempo. E poi mi è piaciuto talmente tanto il film che rischierei di cercare di ritrovarlo fra le pagine del libro; in genere preferisco lasciarmi influenzare dalla visionarietà dello scrittore, non finire per farlo io. Cosa mi è piaciuto di più? La cura, l’amore, la dedizione e il rispetto per l’opera di Tolkien che è stato messo nella produzione di questo capolavoro. Si sente in ogni inquadratura, in ogni piccolo dettaglio, in ogni sequenza… da brivido!
Com’è il tuo rapporto con la sceneggiatura?
Ho sempre creduto di non sapere scrivere, per cui ho rimandato il più possibile il momento in cui mi sono dovuto cimentare da professionista anche nella stesura di sceneggiature lunghe… scrivevo vignette e strisce umoristiche, ma quelle non fanno molto testo. Proprio per questo mio timore quando è venuto il momento di cominciare a scrivere mi sono studiato tutti gli albi a fumetti che ho sempre amato focalizzando l’attenzione solo sulla regia della tavola e non solo sui disegni, come avevo sempre fatto prima. Mi sono letto molti testi di grammatica cinematografica e altrettante sceneggiature che ancora oggi mi scarico da internet. Credo che nel mio modo di scrivere e di impostare la regia delle mie storie si veda che provengo dal linguaggio cinematografico… per esempio prediligo sempre le vignette panoramiche a quelle squadrate che mi ricordano troppo la televisione.
Come sei arrivato al tuo stile di disegno, quali autori ti hanno ispirato maggiormente, quali scelte, volontarie o meno, hai attraversato per formare un tratto che fosse tuo?
Credo che sia importante nel campo dei fumetti avere uno stile che sia subito riconoscibile dal lettore. Non è facile, né immediato, ma è frutto di una lunghissima gestazione. A mio parere bisogna lasciarsi influenzare da tutti quegli autori che amiamo e saperne cogliere le cose che possono insegnarci, shakerarle e mescolarle insieme per vedere che cosa salta fuori. Bisogna però stare attenti a non perdere sé stessi in questo processo o si rischia di diventare semplicemente un clone di qualcun altro.
L’esperienza che hai fatto nel campo della grafica e della comunicazione visiva ti è servita nel tuo lavoro?
Assolutamente sì. Raccontare per immagini è un metodo narrativo fra i più completi. Unisce la prosa letteraria al genere cinematografico, la fotografia al cartone animato. Più sai dei codici di comunicazione (come si costruisce un’immagine, la gestione delle dinamiche all’interno della tavola, ecc.), meglio riesci a districarti fra tutti questi elementi.
È noto che un autore alle prime armi può apprendere molto copiando dagli autori più affermati. Da chi hai copiato i primi disegni? Che effetto ti fa pensare che, magari, qualcuno sta copiando da te in questo momento per i suoi primi passi?
Credo che i primi disegni che ho copiato e analizzato sono stati quelli di René Goscinny, poi Magnus e Corben. Mi sono sempre piaciuti i cartoon americani e i film d’animazione della Disney. Ho studiato a lungo le espressioni e i gesti di quei lungometraggi…
Che effetto mi fa sapere che qualcuno stia copiando me in questo momento? Mi rende felice.
Guardare ad un autore maturo è un bene per un disegnatore emergente. Attraverso il suo lavoro si può imparare molto di più che in una qualunque scuola. Lui ha già percorso la strada che noi cominciamo a percorrere e il suo percorso di formazione ci insegna sempre qualcosa.
Qual è la differenza maggiore tra i due tipi di esperienza, la scrittura ed il disegno, e quali stimoli danno l’una e l’altra?
Beh, la differenza principale è la responsabilità. Non puoi delegare a nessuno le cose che non ti va di fare. A me piace avere questo tipo di controllo sul progetto, anche se può essere che alla lunga si finisce per ripetersi, se non si sta attenti. Ma è molto stimolante anche il tipo di creatività che nasce quando cinque teste lavorano insieme allo stesso tempo. Nasce sempre qualcosa di strano e di interessante.
C’è qualcosa di particolare che vuoi comunicare attraverso le sue storie?
Mi piacciono i film di avventura fantastica e quando ho iniziato a scrivere qualcosa per il Rigor mi sono rifatto a quel tipo di modello di narrazione, esasperandone i contenuti, mettendoli in chiave ironica. Ma non volevo fare un fumetto “parodia”, che tanto andavano e vanno di moda. Ho cercato di rendere omaggio ad un genere a volte molto bistrattato, trattato ingiustamente come un semplice genere-gioco, attraverso l’ironia, ma anche con l’inserimento di elementi drammatici come i riferimenti alla guerra e i campi di sterminio nazisti.
Sei un solitario o ti è capitato di lavorare anche in gruppo?
Questo è l’aspetto negativo di questo lavoro. Ci si abitua a pensare da soli e a concepire il lavoro in questo modo. Anni fa, quando gestivo insieme ad alcuni amici una birreria a Ravenna, passavo tutte le serate in mezzo a tantissime persone, ma poi da quando ho deciso di concentrarmi solo su questo settore (l’editoria), praticamente lavoro sempre da solo. La radio mi tiene molta compagnia, è sintonizzata sempre su Radiorai 2, in particolare sul “Ruggito del Coniglio” e su “Caterpillar”, programmi di cui sono un appassionato ascoltatore.
Devo ammettere che però questa solitudine un po’ mi pesa, ed è proprio per questo che non rinuncerei mai al mio ruolo di bassista nel mio gruppo musicale Renudo, forse la mia unica esperienza creativa di gruppo di questi ultimi anni.
Quanta influenza ha la musica nei tuoi fumetti, oltre che come compagnia durante il lavoro?
Mah, non so quanto la musica mi influenzi mentre lavoro… c’è da dire che nella fase di scrittura non mi è possibile ascoltare nessun tipo di musica, scrivere mi richiedere la massima concentrazione. Invece nella fase di disegno è fondamentale. A volte mi piace ascoltare le colonne sonore dei film che mi sono piaciuti di più, mi aiuta a calarmi nelle sequenza che devo disegnare. Per esempio mentre disegnavo il secondo no word di Kira, che parla dell’incontro tra la donna gatto e un vampiro, mi sparavo quasi tutti i giorni il soundtrack del Dracula di Coppola.
Qual è stata l’esperienza più importante che hai fatto finora?
Il matrimonio, senza dubbio.
Com'è il rapporto tra tua moglie ed il tuo lavoro? A lei piacciono i fumetti, o li ha accettati come un qualunque altro lavoro?
Lei ama la letteratura a tutto tondo, quindi anche quella disegnata, ovviamente se di buona qualità. Era già una buona conoscitrice del ramo anche grazie al fratello che gli passava i volumi da leggere. Ora mi aiuta nel mio lavoro, mi confronto con lei nella fase di stesura delle sceneggiature, mi consiglia e collabora nei dialoghi. Possiamo dire che è la mia editor.
Come nasce un tuo personaggio, una tua opera?
La storia nasce quasi sempre da un’immagine… magari da un sogno o da una situazione. Poi comincio a scrivere e vedo che cosa succede. Per quello che invece riguarda i personaggi… beh, ognuno fa storia a sé. Magari a livello visivo mi ispiro ad amici e conoscenti, ma per quello che riguarda il carattere… mah, la cosa viene un po’ da sé, dal ruolo che hanno nella storia che mi accingo a scrivere.
Sei conosciuto prima di tutto per aver creato Rigor Mortis e poi per aver disegnato Lupin III. Incominciamo con Rigor: come nasce questo personaggio?
Questo personaggio come quasi tutti gli altri protagonisti della serie, nascono dalla mia passione per il genere fantasy e fantascientifico mescolate ad alcune sessioni di gioco di ruolo presso una ludoteca di Ravenna nel 1987. Prima era stato concepito come una semplice striscia umoristica da inserire nella fanzine della ludoteca, ma poi il genio del male ha preteso sempre più spazio…
Rigor inizia su rivista, poi ricordiamo tre albi formato bonelliano in edicola (per la Hobby & Work), in seguito autoproduzione da libreria in formato comic book, infine cartonato a colori, alla francese, per la Magic Press… non temi di creare confusione nel lettore e di far perdere di vista il personaggio?
Ah, non dipende mica da me… è il mercato che si è evoluto in questa direzione. Io avrei voluto rimanere con un solo editore, ma sempre per cause non riguardanti me o il Rigor ho dovuto fare un po’ il giramondo…
Perché questo formato? Avete già in mente, tu e l’editore, di proporre le storie a qualche editore francese?
Questo formato è stato da sempre il mio prediletto. Uno dei primi albi a fumetti che ho letto e di cui ho fatto la collezione è stato Asterix il Gallico, e fin da allora il mio punto di arrivo è stato quel formato, con quelle pagine e a colori… e naturalmente, sì, la storia è stata scritta proprio pensando al mercato estero, in particolare quello francese.
Giungere alla Magic Press è un segnale doppiamente importante, perché arrivi non solo ad una casa editrice tra le principali in Italia, con tutto quel che significa per visibilità e distribuzione, ma ad una delle più ricercate per qualità delle proposte. Un punto d’arrivo? Una nuova ripartenza dopo un periodo un poco anonimo? Un’ultima opportunità per uscire da un pubblico comunque di nicchia?
Non direi che sia una ripartenza dopo un periodo anonimo… in fondo ho lavorato con la Kappa Edizioni sul quel piccolo personaggio che è Lupin III… diciamo che è una nuova possibilità per far arrivare il libro a qualcuno che magari ancora non lo conosceva.
Alla Magic il “reparto Italia” ti vede in buona compagnia con lo studio di Innocent Victim. Conosci le loro opere? Che ne pensi?
Ovviamente le conosco, ne ho acquistato i primi volumi a Lucca anni fa e no ho seguito le varie produzioni. Mi sento in effetti in ottima compagnia.
La tua carriera come autore trova successo con Rigor Mortis, e tutt’ora è quello che identifica il tuo lavoro: credi sia rischioso o limitante rimanere legati ad un solo personaggio, o è l’unico modo per te di approfondire ciò che hai da raccontare?
Sì e no. Da una parte è sempre un rischio rimanere troppo legati al proprio personaggio, ma alla lunga non ne puoi fare a meno… come dice sempre Camilleri, è Montalbano che freme per farsi raccontare non lo scrittore. Credo che ad un certo punto i personaggi prendano vita propria e esigano di essere parte di nuove avventure o di essere disegnati in nuove situazioni. Ho lavorato su molti progetti, da Lupin a Frusco il Feligno (una serie di albi per le scuole), passando per Kira e per altri progetti, ma in fondo niente mi diverte di più che il poter tornare ai miei vecchi personaggi.
Parlaci di Frusco! Come è nato, e come è stato lavorare per le scuole? Hai sentito una maggiore pressione e responsabilità rispetto al solito?
È nato da un’esigenza che aveva Rilegno, l’ente nazionale per il riciclo del legno, e cioè avvicinare il pubblico più piccolo alle tematiche ambientaliste e alla logica del riciclo proprio della sua realtà. Mi hanno chiesto di creare un personaggio che racchiudesse in se queste tematiche e di scrivere una storia che si sarebbe sviluppata in dodici albi a colori. Il risultato sono due anni di lavoro, più di 130 pagine disegnate, un cd rom con un gioco e un sito internet. Per ora la serie è finita, ma si parla di ristamparla in un volume e di distribuirla nelle librerie e di un possibile seguito. Chi vivrà, vedrà. Per il resto no, non ho subito particolari pressioni, è stato solo necessario smussare dei particolari legati al timbro della storia, ma niente di più.
Lupin III: com’è avvenuto il contatto con gli editori?
Attraverso Daniele Brolli, che mi ha chiesto se mi sarebbe interessato lavorare su Lupin con la Kappa che ne stava progettando la versione italiana. La risposta è stata decisamente scontata!
Sapevi già disegnare Lupin III? Conoscevi già il personaggio e che ricordi ne hai? Come hai accolto l’opportunità di disegnarlo?
Fin da quando guardavo i cartoni animati in tv quando ero un ragazzetto disegnavo le mie versioni di Lupin… ne ho addirittura realizzato qualche pagina in un fumettino amatoriale insieme a mio fratello… mai mi sarei aspettato che avrei avuto la possibilità di poterci lavorare da professionista, e addirittura scriverne la sceneggiatura…
Mi sono comprato tutti i dvd della prima serie e me li sono rivisti, studiandone i movimenti e le espressioni, e facendo molti schizzi dal vivo. Ho cercato di adattare il mio segno a quello dei cartoni, che poi in fondo non erano così distanti.
Come giudichi quest’esperienza? Ci sono cose che credi che questa occasione ti abbia insegnato?
Ero molto impaurito da quest’esperienza, soprattutto per quello che riguardava la storia… non mi sono mai ritenuto un grande sceneggiatore, non sapevo se sarei stato in grado di farlo. Ho riscritto molte volte il soggetto, fin quasi alla nausea, ma alla fine credo di poter dire di aver fatto un buon lavoro.
Vorremmo chiudere con qualche domanda sul fumetto italiano. Crisi o non-crisi: questo non è il problema. Al di là della crisi, che ne pensi del panorama italiano?
Un tasto dolente. Sono molto preoccupato da questa situazione. Le vendite sono basse per tutti, segnale evidente che il bacino di utenza si è assottigliato… speriamo che la tendenza cambi.
Il modello francese è un obiettivo da raggiungere, un modello a cui ispirarsi oppure è un sistema che non appartiene all’Italia?
Ovvio che se chiedi ad un autore se il modello francese è da imitare ti dice di sì. In quel paese si ha un rispetto enorme per il lavoro dell’autore, mentre mi sembra che in Italia non sia così. Da noi il fumetto storicamente è legato all’edicola, non alla libreria come oltralpe. Non credo che da noi potrà mai sfondare quel modello…
Il fumetto è fatto di autori, lettori, editori, ecc.: che cosa deve cambiare e cosa può migliorare nel mercato italiano? C’è qualche occasione mancata? Quali meccanismi devono scattare, secondo te?
Probabilmente i lettori dovrebbero cercare di non limitarsi a leggere albi solo di un genere, che siano manga o albi bonelliani… credo che non serva a nessuno leggere con i paraocchi. Bisognerebbe leggere un po’ di tutto a mio parere. Gli editori potrebbero forse cercare di dare più spazio agli autori nostrani, ma nella situazione attuale capisco che sia un po’ difficile…
Alla luce della tua esperienza, che consigli dai agli autori esordienti?
Pregare? Scherzo, credo che un autore esordiente al giorno d’oggi non abbia molte possibilità di farsi vedere… bisogna avere una grande volontà, e magari a volte fare scelte difficili, ma credo che la cocciutaggine alla fine paghi. Magari l’autoproduzione potrebbe essere una via…
Il panorama che ti ha visto esordire sembrava più fertile e più attivo per le autoproduzioni e le nuove offerte. Oggigiorno, hai anche tu l’impressione che ci sia meno spazio per proposte come era Rigor Mortis a quei tempi?
In effetti anni fa era più facile fare scelte di questo tipo. Secondo me è difficile poter dare dei consigli con la situazione attuale del mercato… credo che bisogna stringere i denti e attendere un momento più favorevole.
È questo uno dei motivi per i quali molti autori italiani ultimamente stanno facendo il loro esordio direttamente in Francia? O pensi ci sia altro?
Quello francese è uno dei pochi mercati in crescita e mi sembra normalissimo che molti miei colleghi si siano lanciati oltralpe. Se lo fanno autori già molto noti, che non lavorano quasi più in Italia, perché non dovrebbero farlo anche gli esordienti?
Per chiudere, una domanda di rito: che cosa bolle in pentola? Sta lavorando su qualcosa che ci puoi svelare in anteprima?
Ora come ora sto completando un libro di 64 pagine in bianco e nero su testi di Gianni Barbieri. Si tratta di un mistery commissionatoci dall’ente musei della provincia di Ravenna. Un progetto interessante che ha per scopo la divulgazione presso i giovani di tutti i musei della zona. Ambizioso ma molto stimolante. Per il resto stiamo a vedere, ho alcuni progetti che potrebbero partire e altri da proporre, oltre al secondo episodio di Rigor, ovviamente.
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