01 agosto 2006

Raccolta materiale vario

I "Comments" di questo Post raccolgono le interviste a Riccardo Crosa, i commenti e gli articoli (tutto materiale più o meno datato) rintracciati sul web.

4 commenti:

L'Impressore ha detto...

Articolo di MassimilianoClemente
20 agosto 2003


Che cosa intendi per fumetto?
Per come lo vedo io è anello di congiunzione fra il romanzo e il cinema. Si possono raccontare ogni tipo di storie con questo mezzo, da quelle più frivole e infantili a quelle più drammatiche. Sono sempre stato affascinato dal mezzo cinematografico, sono praticamente cresciuto in una sala cinematografica, e di conseguenza ero un grande lettore di fumetti. Quando scrivo sceneggiature cerco sempre di avere un approccio cinematografico più che letterario, giocare con le inquadrature e con le telecamere...

Che ne pensi dell'attuale panorama fumettistico? Aspetti positivi e negativi.
Non si può certo dire che la situazione sia incoraggiante... se già negli anni scorsi in Italia non c'era molto spazio per il fumetto d'autore, ora è praticamente scomparso. Non so cosa ipotizzare per gli anni a venire, tutto mi sembra abbastanza instabile. Girando per le fiere si vedono sempre molti ragazzi interessati al genere, ma poi le vendite sono quelle che sono...

Quali strategie dovrebbero porre in atto e quali errori non commettere gli editori per promuovere maggiormente i propri fumetti?
Secondo me un possibile salto di qualità potrebbe essere l'inserimento del conto vendita e il passaggio alla distribuzione in tutte le librerie. Puntando di più su un prodotto da libreria e meno su uno da edicola (per esempio dei brossurati con le raccolte dei numeri usciti), e aumentando la visibilità senza pesare troppo sulle tasche dei librai potrebbe essere una soluzione.

Il fumetto rimarrà come lo conosciamo noi, oppure si evolverà in qualcosa di nuovo, alla luce delle innovazioni tecnologiche e dei continui contatti con altri media (tv, cinema, internet)?
Non so cosa succederà al media fumetto. Quando è uscito internet e si è cominciato a parlare di e-book si è decretata la morte del libro. Io non credo che sia così. Ci sono cose che rendono meglio su materiale cartaceo e altre in video. Credo che il fumetto così come lo conosciamo resterà, magari affiancato da qualcos'altro, penso ad una specie dei vecchi fumetti in tv che vedevamo da piccoli...

Fonte: komix.it

L'Impressore ha detto...

Rigor Mortis il genio del male,
Autore BlackSand


Se non l'avete ancora capito stiamo parlando del bellissimo "Rigor Mortis, il genio del Male".
Ideato da Riccardo Crosa, Rigor Mortis è un malvagio stregone cha accompagna uno sventurato party di avventurieri alquanto ben assortiti, il Barbaro Romolo con la fida spada parlante Kyuss, Kira la maga elemantale e Cavallo Pazzo, un flemmatico elfo silvano rinnegato, insomma il tipico gruppo di gioco più malvagio DM. La forza di questa produzione è indubbiamente l'ottima caratterizzazione dei personaggi e l'avvincete sceneggiatura di Alessandro Manitto, che trasportano il lettore in una sorta di sit-com fantasy piuttosto che nella tipica novel da Heroic Fantasy tipica di altri fumetti. Ovviamente non mancano gli elementi tipici di un buon fumetto, scontri fisici e incantesimi la fanno da padrone, ma il tutto è misto ad un gradevole humor che permea albi di questa saga. Parlando tecnicamente la narrazione è veloce e continua, priva di punti morti che fanno calare l'attenzione del lettore, la storia si evolve senza intoppi e coinvolge fin dalle prime pagine, anche se il lettore, all'inizio, si può sentire un po' sballottato in un'avventura di cui non conosce i preamboli. Gli autori, infatti, non ci rivelano come il gruppo di eroi si sia unito, e perchè viaggino, ma tutto sommato è una pecca che non grava sulla storia stessa, che fornisce tutti gli elementi necessari alla lettura. Come dicevamo prima i personaggi, sia primari che secondari, sono ben strutturati e sufficientemente profondi, ognuno di loro ci viene presentato con una piccola e spassosa didascalia all'inizio del primo volume "Il principe delle tenebre", per cui non voglio assolutamente togliervi il gusto di scoprirli. I protagonisti soprattutto, vengono ben sviluppati nel corso della narrazione, permettendo al lettore di conoscerne sia i pregi che i difetti; il che contribuisce a renderli ben più umani dei soliti eroi. Il lettore smaliziato che prende in mano il fumetto di Rigor Mortis non avrà alcuna fatica a scoprire le varie citazioni che contiene, ma soprattutto rimarrà piacevolmente sorpreso nel leggere sotto forma di comic ciò che accade normalmente durante una qualsiasi partita di D&D, con lo stesso spirito e lo stesso umorismo che tutti noi possiamo trovare ad un tavolo mentre si gioca, la rozzezza del Barbaro è ben bilanciata dalle frecciatine del'arcimago Rigor, anch'egli non immune dagli errori. Per quanto riguarda il disegno possiamo dire che la tecnica è piuttosto buona, le tavole sono pulite e caratterizzate da un tratto sicuro e luminoso, privo dell'uso di retinature, come insegna la scuola italiana. Crozza utilizza un tipo di disegno molto drammatico, che preferisce i corpi in movimento e le pose plastiche, concentrando l'attenzione più sul soggetto che sul paesaggio spesso appena abbozzato. La divisione della pagina in vignette è fatta in modo innovativo, e spesso sottolinea il movimento espresso nei disegni, utilizzando un abile contrasto tra pagine a vignetta unica, magari scontornata, e tavole a vignette piccole e in rapida successione. Anche l'inquadratura esula dalla norma dei fumetti italiani, presentandoci spesso i personaggi in modo cinematografico, con "riprese" dall'alto o dal basso, di sicuro impatto grafico e grande senso dell'azione.
Concludendo possiamo consigliare caldamente a tutti i giocatori di ruolo di dare almeno un'occhiata a questo fumetto, chissà che non rappresenti un ottimo spunto per delle nuove avventure!

Fonte: latavernagdr.it

L'Impressore ha detto...

Rigor Mortis nasce nel 1984 come personaggio di un Gioco di Ruolo e poi dopo alcune pubblicazioni amatoriali giunge nelle edicole sotto forma di fumetto (esiste anche il modulo di avventure G.d.R. intitolato Il Dungeon della Morte, vincitore del premio della giuria di Lucca Games). L’autore è Riccardo Crosa, disegnatore nato a Siracusa che dona particolarità al suo fumetto offrendo al lettore la possibilità di accantonare i canoni del fantasy tradizionale dominato da valorosi eroi e da epiche imprese, dando spazio a un taglio tragicomico: umorismo e originalità insomma. E non solo dal punto di vista strettamente legato alla trama. Anche lo stile dei disegni è molto accattivante: personaggi che regalano molteplici espressioni diverse e che vengono disegnati con un’estrema cura dei dettagli in pagine mai monotone perché mai uguali nella loro struttura. Ma veniamo alla descrizione de La Grande Saga delle Bolle di Realtà.
Uno strano animaletto, una sorta di folletto con due lunghe orecchie e una coda allungata e sottile di nome Imp, custode del deposito infernale 2456 del 666esimo girone dell’abisso, ci spiega che proprio nel luogo dove siamo capitati vengono archiviate le leggende e i racconti del multiuniverso. E così inizia il racconto di “battaglie stellari, oscuri incantesimi e eroiche imprese” ambientate in un piccolo pianeta ai margini della galassia, Kragmorta, un luogo pregno di magia.
Ma vediamo i principali protagonisti di queste epocali avventure: “Rigor Mortis, genio del male e potente arcimago. Nessuno sa di preciso perché sia diventato uno scheletro vivente; […] Kyuss, la spada intelligente […] arrogante, saccente, spocchiosa, nutre un odio maniacale verso gli orchi, e triste a dirsi, sembra decisamente poco sveglia; Romolo, degno rappresentante della casta degli avventurieri con pochi scrupoli e altrettanto poco cervello […]; Kira, la donna gatto, giovane avventuriera che è stata morsa da un demone dell’inframondo che le ha trasmesso la maledizione del mutaforma […] in seguito una violenta onda mistica ha fuso le sue due metà dandole così l’aspetto e l’agilità di una sensualissima gattina; Cavallo Pazzo, per gli amici Cav, un elfo rinnegato, cacciato dei suoi fratelli per aver preferito il fumo, le donne e l’alcol a una sana vita salutista nella foresta […]”. Il risultato di quest’impostazione è un fumetto semplice nell’andamento della storia ma molto appassionante, con simpatici personaggi che nel corso delle avventure mostrano più facce del proprio carattere dimostrando quindi un certo spessore, una certa autonomia rispetto alla svolgimento della storia che ci permette di conoscerli un po’ alla volta: esempio lampante in questo senso è proprio Rigor Mortis, diviso dal desiderio di salvare l’universo e il sogno di poter controllare la magia che regola la bolle di realtà (riuscirà il potente mago a far tornare alla normalità Ankh, la città più densamente popolata di Kragmorta, sconfiggendo gli eterni antagonisti Rugludd, Gruntluk, Ka-Bum e Indiana che sognano la vendetta per essere stati umiliati?).

Da sottolineare il fatto che, nell’edizione della Phoenix oltre alla saga del Genio del male, trova spazio, alla fine dell’albo, Kira, fumetto esportato anche oltre i confini nazionali, nel quale Crosa si cimenta nella narrazione muta, interpretando a suo modo delle canzoni.

L'Impressore ha detto...

Visita alla Torre dell'Alta Stregoneria - Intervista a Riccardo Crosa di Mirko Perniola

Il fumetto fantasy italiano esiste? Per rispondere a questa domanda niente di meglio di un piatto di tortelloni, una piadina e quattro chiacchiere in quel di Ravenna, con il genitore di un portento di cattiveria, con il papà dell’architetto dell’efferatezza, con il babbo di un prodigio di meschinità, insomma con Riccardo Crosa autore de Rigor Mortis, il Genio del Male.

Parliamo del Rigor: quando, come e perché nasce.
Sono passati ormai tredici anni o forse più. In quel periodo studiavo all’Istituto Europeo di Design a Milano e quando tornavo a Ravenna, andavo in una ludoteca per giocare al gioco di ruolo Dungeons & Dragons. Avendo da sempre il pallino per i fumetti, intorno al tavolo da gioco ho creato Rigor Mortis mentre gli altri personaggi sono successivi.

Era una parodia del gruppo con il quale giocavi?
No, inizialmente si trattava solo di vignette umoristiche ispirate alle situazioni che si creavano in partita, in seguito quando la ludoteca creò una propria fanzine io disegnai per loro una ventina strisce, ispirandomi ai personaggi ma non più alle situazioni. Purtroppo a breve fallì sia la ludoteca che la pubblicazione e tutto rimase nel limbo, per un lungo periodo nel quale mi dedicai a impieghi di grafica e animazione che poco avevano a che fare con il fumetto. Dopo circa sei anni con i colleghi dello studio nel quale lavoravo, anch’essi appassionati di giochi di ruolo, creammo una nuova fanzine intitolata M’M: Master Magazine, per la quale rispolverai il personaggio ristampando le suddette strisce e illustrando una raccolta di incantesimi demenziali descritti passo dopo passo dal Rigor. Conosciuto il responsabile della casa editrice Stratelibri, gli proponemmo la nostra fanzine che venne rilevata cambiando il titolo in Excalibur, vennero così ristampate per la terza volta le vecchie strisce mentre ne creai di nuove. I personaggi si stavano intanto trasformando ed erano completamente diversi da quelli di oggi, si notavano già differenze tra il vecchio Rigor delle vignette e quello delle nuove strisce umoristiche, con ritmi narrativi differenti dall’odierno fumetto; mi rifacevo infatti a Silver, all’amatissimo Bonvi e all’americano Mort Walker con il suo personaggio Snorkel, spalla del protagonista Beetle Bailey. Rigor Mortis divenne così la mascotte di Excalibur e dopo circa due anni, grazie allo sviluppo dei protagonisti e al sostegno dei lettori, mi venne chiesto di disegnare tre storie che avrebbero dovuto essere pubblicate come allegato alla rivista ma in seguito, si optò per un volume cartonato sullo stile francese, che viene oggi identificato come il Numero Zero del Rigor a fumetti. Le prime strisce uscirono nel 1986 mentre il libro venne stampato nel 1994 ma l’esperienza non fu delle migliori poiché a causa di una distribuzione limitata ai negozi Stratelibri, passò praticamente inosservato. L’anno successivo venni contattato dalla casa editrice Hobby & Work che, con l’intento di diversificare il proprio prodotto, mi propose di disegnare per una nuova serie a fumetti, Steampunk, con la promessa di poter, in seguito, pubblicare tramite loro Rigor Mortis in una miniserie di tre numeri che si vide effettivamente nel 1995. Fu un’esperienza positiva per il personaggio, l’ottima distribuzione nelle edicole fruttò vendite di 12.000 copie per il primo numero e 9.000 per i seguenti, numeri non altissimi dato che, nonostante si fosse parlato di pubblicità televisiva peraltro mai vista, la Hobby & Work si mostrò presto disinteressata ai fumetti, lasciando decadere il tutto. Numeri a parte, un aspetto non troppo simpatico in questa produzione fu il dover mediare alcuni accordi, forse banali, come la collaborazione con lo sceneggiatore Alessandro Manitto, il quale non poteva certo conoscere i miei personaggi quanto me e la richiesta dell’editore, di apportare modifiche quali il colore dei capelli di Kira da rosso a nero, cambiare il linguaggio degli orchi da sgrammaticato e ignorante ad uno senza errori, per arrivare addirittura a variare il nome del protagonista dato che Mortis avrebbe potuto spaventare i più piccoli!!! A quest’ultima richiesta mi sono opposto anche se ora ne capisco in parte la logica: nelle fiere si vedono bambini affascinati dal teschio e mamme che, letto il titolo, fuggono inorridite pensando al genere horror. Potessi tornare in dietro, forse, sarei più moderato utilizzando solo Rigor, nome che oggi per abitudine dei lettori, è utilizzato come fosse un titolo nobiliare. Alla fine della miniserie sicuro dell’interesse riscontrato, mi misi a cercare un altro editore e il risultato? Un autoproduzione di 10 numeri che è ormai arrivata alla fine dandomi grandissime soddisfazioni sia economiche che professionali.

L’iniziale legame con i Giochi di Ruolo ha inciso in qualche modo sullo sviluppo dei personaggi?
Credo che il fantasy in Italia sia ghettizzato, è visto come un gioco o di ruolo o per computer e non come un genere narrativo. Mi sono visto costretto a differenziare le mie attuali storie a fumetti, destinate ad un pubblico più ampio, rispetto alle strisce iniziali nate espressamente per giocatori di ruolo. In qualche modo quindi ho forse rinnegato una parte di me più legata al divertimento, come ad esempio gli incantesimi illustrati, per poter far sopravvivere i personaggi anche al di fuori del circuito ludico. È stato spiacevole, d’altronde non si racconta che di un mago con manie di grandezza, avrebbe potuto essere ricondotto allo scienziato pazzo o altri elementi del patrimonio culturale comune ma parlando di maghi e elfi, gli italiani pensano subito ad un qualche genere di sciocco giochino e ripugnano il tutto come fosse spazzatura. Per questo nella mia serie, ho cercato di inserire il maggior numero di elementi possibili, partendo dalle citazioni fino ad arrivare allo stile narrativo, trasformando il tutto in una serie corale per protagonisti e genere, slegandola dal fantasy americano e inserendovi il noir, il super eroistico ed altro ancora.

Cosa ci si deve aspettare dalla conclusione dell’attuale saga, continueremo regolarmente, anche se con fatica, a trovare nelle librerie il Rigor?
Nell’ultimo numero vedremo la conclusione della saga delle bolle di realtà e troveremo anche i personaggi leggermente più cresciuti rispetto ai primi numeri. Nel frattempo mi sto occupando della seconda serie: sarà un grande flashback nel quale vedremo le origini dei personaggi, le cause della trasformazione del Rigor da essere umano all’indefinibile odierno, la perdita dell’occhio di Cav, il ritorno dell’investigatore meccanico visto nel Rituale di Alhazred ed altro ancora... una cosa però è certa, non ho intenzione di autoprodurre il tutto e sono già in contrattazione con qualcuno interessato. Stelle e Strisce sta infatti per chiudere indipendentemente dal discorso economico, per quanto il Rigor vada bene mi sento solo e stanco, è una motivazione unicamente organizzativa.

Nell’ultimo numero, Rigorquest, troviamo in seconda di copertina una citazione di Primo Levi, mentre all’interno troviamo Kira che riflette sugli orrori della guerra con espliciti riferimenti ai campi di sterminio. Perché?
Non mi piace pensare alle mie storie come demenziali o comiche, il mio è un fumetto avventuroso con componente a volte comica e a volte un po’ seriosa, anche se rara ma necessaria. Nell’avventura c’è la vita, la morte, il momento per ridere e quello per pensare, l’importante è che il tutto sia ben dosato, senza eccessi. Per quanto riguarda i campi di concentramento sono rimasto sempre affascinato dal lato oscuro dell’umanità, sono infatti molto interessato alla seconda guerra mondiale e all’operato dei tedeschi, perché come e cosa abbiano fatto è un argomento che mi tocca moltissimo, visto che mi sembra ancora impossibile che un uomo possa spingersi a tanto, volevo inserirlo nel mio lavoro in qualche modo, senza motivazioni altisonanti.

Sempre in “Rigorquest”, l’ultima pagina è dedicata alla poesia Albero Ubriaco di Giulia Campanella...
L’ho inserita innanzitutto perché mi piace molto ciò che questa autrice di romanzi e poesie scrive, dato che ha una visione della vita molto onirica e in secondo luogo, essendo legata alla natura, tema a me molto caro, si adattava perfettamente ad una serie dove la malvagia ha distrutto non solo gli umani ma anche l’ambiente.

Parliamo delle serie parallele al Rigor: Il rituale di Alhazred e Kira...
Ho aperto la casa editrice Stelle e Strisce con manie di grandezza, devo ammetterlo, perché sono tutt’ora convinto che la formula vincente sia creare un mondo ben definito, con il quale gettare delle basi di riferimento necessarie per proporre diversi personaggi, con stili e ambientazioni differenti. La mia idea iniziale era quella di serie parallele, poi purtroppo non sono riuscito da solo a raggiungere gli obiettivi prefissati in maniera soddisfacente, per motivi di tempo e organizzazione. Il rituale di Alhazred non è prettamente fantasy, è un noir, altro genere che mi appassiona moltissimo; questo dimostra che nel fantasy non troviamo solo elfi e folletti perché è un genere-contenitore, proprio come la fantascienza che può diventare un miscuglio vincente di modelli differenti, Guerre Stellari e Star Trek ne sono un esempio. Nel rituale di Alhazred, primo numero della serie I racconti dell’inframondo, il protagonista è un investigatore meccanico a metà strada tra Humphrey Bogart e Clint Eastwood e nei numeri autoconclusivi seguenti, avrei voluto presentare nuovi personaggi ma a causa del tempo, è tutto momentaneamente sospeso. Comunque la favorevole risposta dei lettori mi ha confermato che i comprimari sono abbastanza maturi per vivere anche senza Rigor e infatti, è proprio lui a non apparire se non con il nome, da ben due numeri. A proposito di Kira, Daniele Brolli, responsabile della casa editrice Phoenix, mi aveva proposto di partecipare alla creazione della nuova collana No Words, un progetto innovativo di volumetti nati per l’estero che andranno in distribuzione in diversi Paesi europei e oltreoceano. Dato che Romolo ispirava più umorismo goliardico, decidemmo insieme di utilizzare la donna-gatto che oltre ad essere la mia preferita, sembrava il personaggio più adatto per versatilità e fascino: è nato così il primo numero che in Francia ha riscosso un discreto successo, tant’è che sto lavorando su una seconda storia meno veloce e più intimista, pensata proprio per quel mercato.

Tu sei uno dei pochi giovani italiani che sono riusciti a pubblicare su Skorpio, come è nata questa collaborazione?
Avevo conosciuto Roberto Recchioni, del gruppo romano Factory, uno dei pochi giovani che sia riuscito a pensare, proporre e far accettare una serie di cinque numeri proprio per Skorpio. Io ero uno dei disegnatori chiamati a collaborare ed eravamo molto contenti dato che è quasi impossibile essere considerati dalla famosa rivista contenitore. Dopo il primo numero però, il tutto venne fermato a causa dei costi eccessivi e Skorpio tornò a proporre economiche ristampe sudamericane, dimostrando ampiamente l’interesse e la stima per gli autori italiani.

Altri progetti a breve scadenza?
C’è una nuova casa editrice romana chiamata King Comics, che ha in progetto una rivista contenitore destinata alle librerie alla quale collaboro su testi di Giulia Campanella. Si tratterà di una storia onirica e naturalistica, assolutamente non fantasy, ambientata ai giorni d’oggi che vedrà come protagonisti una ragazza e il suo cane, il tutto prende spunto da una poesia della bravissima autrice; a dire il vero però, non so ancora quando verrà pubblicata. In collaborazione con Diego Mecca, sto poi realizzando un progetto per la Kappa Edizioni, essendo indirizzato al loro target si tratterà di storie giovanili ed intimistiche, abbastanza vicine al genere giapponese ma in stile nostrano. Infine sto collaborando con Livio Bolognesi e Francesco Donato, due sceneggiatori di Zona X, per la realizzazione di avventure a base storica con elementi fantastici, anche se non sappiamo ancora a quale editore potrebbero interessare.

Sembra che l’autoproduzione sia stata quasi una scelta obbligata, cosa pensi degli editori italiani?
Ho il massimo rispetto per tutti gli editori che pubblicano fumetto italiano rischiando, cercando di proporre novità in contrasto con un mercato che rischia di scadere nella monotonia. La Kappa edizioni dà questa possibilità ma ancora di più lo fa la Phoenix, che senza standardizzarsi propone progetti di nuovi autori nei quali crede, dando quella spinta iniziale fondamentale ad ogni nuova idea valida. Molti autori tramite questi canali hanno pubblicato un solo albo per poi sparire ma hanno avuto una possibilità ed è questo che conta; certo non si viene pagati come dai grandi editori, si ricevono compensi proporzionali alle vendite ma se si è convinti che un progetto possa funzionare, il gioco vale la candela. Tramite la Phoenix ho pubblicato una raccolta di Rigor Mortis e il suddetto Kira, da indipendente avrei guadagnato sicuramente di più ma il formato editoriale e la distribuzione oltre confine mi hanno ripagato appieno, procurandomi nuove collaborazioni. Stelle e Strisce ha avuto infatti molti problemi con i distributori, i quali nonostante inseriscano le pubblicazioni nei propri cataloghi, aspettano l’ordine dalle librerie così da lavorare senza rischi di invenduto. All’indipendente sconosciuto, resta la speranza che il rivenditore trovi interessante la pubblicità e si arrischi a chiedere qualche copia.

Agli inizi hai frequentato una scuola d’illustrazione e non eri interessato particolarmente a fare fumetti, perché questa scelta?
Alla fine del liceo artistico, venni a conoscenza delle scuole di fumetto presenti a Milano, dove vengono chieste cifre d’iscrizione forse troppo alte per l’inserimento in un settore che notoriamente con difficoltà rende altrettanto. Scelsi allora l’Istituto Europeo di Design indirizzato all’illustrazione, ambiente che sembrava decisamente più accessibile. Purtroppo terminati gli studi, lavorai per un certo periodo in pubblicità rendendomi conto di cosa quell’ambiente fosse veramente: un complesso sistema per giocare con i bassi istinti della gente, senza dare importanza a ciò che si pensa e utilizzando il sesso per vendere qualsiasi cosa... rimasi talmente schifato che abbandonai totalmente il disegno e per due anni e mezzo feci il birraio, finché non rispolverai il Rigor per la fanzine.

Hai avuto qualche maestro, o ispiratore?
Magnus, Moebius, Pazienza innanzitutto ma sono anche un gran lettore di storie americane, primi tra tutti gli X-men. La letteratura horror e di fantascienza è poi fondamentale. Se parliamo di tratto, mi ispiro moltissimo allo stile francese, mentre il mio rapporto con il Giappone è particolare, sono di quella generazione inevitabilmente segnata dai primi cartoni animati con i quali è cresciuta. Loro come gli americani, hanno portato uno stile di narrazione per noi innovativo e stravolgente, anche nei fumetti. In Italia siamo più legati al classico, con le sei vignette e strutture abbastanza statiche e narrative, mentre gli americani fanno spettacolo e i giapponesi fanno cinema. Chiariamo il concetto: mentre oltreoceano i personaggi si atteggiano in posizioni assurde anche per indicare un oggetto così da far spettacolo, al contrario in Giappone per raccontare una scena rapida, come la caduta di un bicchiere, le vignette vengono utilizzate come fossero fotogrammi di una pellicola cinematografica; per noi, entrambi i sistemi sono eccessivi e credo che mescolarli sia la cosa migliore per creare un’alternativa.

Colore e bianco e nero. Quali preferisci e quali tecniche usi?
Vorrei usare l’olio ma non so usarlo, vorrei usare l’acquarello ma sporca troppo, ho il brutto vizio di succhiare i pennelli e rischierei l’intossicazione se non usassi il computer. Attenzione, non è altro che uno strumento, una macchina per utilizzare diverse tecniche che bisogna comunque padroneggiare personalmente, senza sperare che faccia da solo. Penso al computer come una tecnica nuova, se non lo si sfrutta appieno, si ottengono risultati freddi e impersonali ma conoscendo approfonditamente i programmi adatti, si raggiungono risultati ineguagliabili.

PC o Machintosh?
Che differenza fa? È una battaglia che non ha senso di esistere. Per ottenere gli stessi risultati di un Mac tramite PC bisogna utilizzare componenti molto più potenti ma costosi la metà, a questo punto siamo in pareggio. Tutto dipende dalle proprie necessità. Per un autoproduzione la pellicola ha un costo, stampandola direttamente da un dischetto si elimina un passaggio risparmiando e ottenendo un controllo maggiore dei colori.

Il tuo rapporto con i lettori?
Il sito Internet del Rigor è gestito da una ragazza che inserisce i vari elementi da me preparati sempre in ritardo e in modo superficiale, per questo non è particolarmente sfruttato. Le lettere che arrivano le leggo assolutamente tutte ma non riuscirei mai a trovare il tempo per rispondere personalmente, così non rimane altro che l’incontro alle fiere. La mia carriera si basa sul rapporto con i lettori, sono stati loro a darmi la forza di proseguire e di rispolverare il Rigor al momento opportuno perciò amo stare in mezzo a tanta gente con la quale condividere gli stessi interessi. Le mie gratificazioni sono nate più da questo, che non dai numeri.

I tuoi rapporti con la distribuzione all’estero.
Daniele Brolli presenterà la collana No Words alla prossima Comic-Con di San Diego, mentre i risultati ottenuti in Francia da Kira mi hanno spinto ad interessarmi molto a quel mercato.

Nonostante il tuo tratto abbia una forte influenza americana e giapponese?
Agli inizi mi appassionava molto lo stile americano ma oggi le mie storie si avvicinano più ad un genere italiano ed europeo, mentre il tratto giapponese credo che dia energia alla tavola. Odio i baloon giganti che soffocano il disegno ma se risultassero necessari, in una tavola dinamica la pesantezza di un testo troppo lungo verrebbe stemperata dalla grafica accattivante. È poi innegabile che oggi i linguaggi si stiano mescolando. Giapponesi, francesi e americani guardano più o meno le stesse produzioni televisive e cinematografiche, subendo vicendevoli influenze.

Facciamo il punto sul fumetto fantasy italiano.
Quale? La Sergio Bonelli Editore propone Zona X, Jonathan Steel e Brendon, per un alternativa bisogna ricercare autoproduzioni valide ma anche in quel caso la situazione non è rosea. Purtroppo molti autori oggi tentano di proporre manga puri, senza rendersi conto che non è un linguaggio fruibile dal nostro pubblico e impossibile da copiare essendo troppo distante dalla nostra cultura. Lo stile estero dev’essere mangiato, digerito, rielaborato per poi utilizzarlo come proprio, personalizzandolo. Quando si è esordienti inesperti è giustissimo copiare gli altri, lo abbiamo fatto tutti, poi però bisogna assolutamente lasciare libera la propria personalità e stile. Molti indipendenti poi, cercano di legare il fumetto fantasy ai Giochi di Ruolo, scadendo nel suddetto concetto che il fantasy è un giochino e disinteressando quindi sia il lettore di fumetti che il giocatore di ruolo.

Che supporto ha il fantasy estero che a noi manca?
Specifichiamo innanzitutto cosa si intende per Fantasy. L’unico vero fantasy medievaleggiante credo che si ritrovi nella letteratura inglese e francese. È questo che a noi manca, un background letterario che affondi le radici nella tradizione popolare, per altro forte anche in Italia ma relegato nelle fiabe per bambini. Il motivo non è ben chiaro, azzarderei forse l’ipotesi della colonizzazione culturale americana del dopoguerra, che ha azzerato in parte le nostre radici portandoci la loro cultura; infatti il fantasy italiano è molto simile a quello d’oltreoceano, slegato dalle tradizioni e inventato di sana pianta, mentre inglesi e francesi ne hanno uno proprio, più nazionalista e tradizionalista, basti pensare alle leggende irlandesi o celtiche. Non bisogna però trascurare un elemento fondamentale, con una vacanza nella campagna irlandese si entra nelle descrizioni della letteratura fantasy, l’esatto contrario del Belpaese dove non ci si può certo appassionare a qualcosa difficilmente individuabile. Infine, quei pochi scrittori italiani interessati al genere fanno l’errore di scrivere un fantasy inglese o francese, facendoci sentire il tutto ancora più lontano. Fortunatamente, pare che in quest’ultimo periodo ci sia una riscoperta delle nostre tradizioni non solo storiche, basti pensare alle feste medievali che spuntano come funghi in tutta la penisola.

Quali credi siano le possibilità non sfruttate del fumetto italiano?
Si ricade sempre negli stessi stereotipi, se si tornasse ad un prodotto più artigianale gestito dagli autori, si avrebbero più possibilità e un minor appiattimento di mercato. I grandi autori che in Italia certo non mancano, spesso vengono costretti da linee editoriali che li portano a standardizzarsi, continuando a proporre cose già fatte e viste. Non intendo certo dire che l’editore debba disinteressarsi ma al contrario, dovrebbe collaborare con l’autore senza legarlo troppo. Dato che questo non accade, i giovani hanno paura di proporre progetti nuovi preferendo allinearsi con ciò che già esiste nella speranza di un impiego. Quando gli editori italiani, almeno i più ricchi, avranno il coraggio di rischiare proponendo qualcosa di veramente differente e diversificato le cose cambieranno ma fino ad allora, o ci si autoproduce o si va all’estero.